mercoledì 25 maggio 2011

FALCONE: IL PREZZO D'ESSERE EROI

"L'Italia è lo strano Paese in cui per essere credibili bisogna morire"

Il ricordo di Falcone, la sua faccia sui profili, le belle parole spese da tutti. Il 23 Maggio è un triste anniversario, ma sempre pieno di un benefico spirito di rinnovata speranza. La commemorazione di un grande sogno, il rimpianto per degli Eroi perduti. Eroi. Eroi contro la mafia. Eroi che, come nelle tragedie, vanno incontro al loro destino; alla macabra mutilazione, all'accecamento, al trapasso. Eroi che pagano il prezzo d'essere eroi. Eroi che, per essere eroi, devono lasciare le spoglie mortali.
Ma come faccio a scacciare quel dubbio? Il Dubbio subdolo che Falcone, come Borsellino, come altri ancora, abbiano dovuto pagare con la vita il prezzo d'essere eroi, pagato con il sangue l'ascesa sull'Olimpo. Avremmo comunque ricordato la spada d'Achille, che trafisse il petto di Ettore, anche senza l'insulsa freccia di Paride? Avremmo comunque riconosciuto il coraggio? Avremmo avuto la forza di celebrare un coraggioso vecchio, mezzo rimbambito per l'età?
È il dubbio osceno che in questa nostra Italia non sia quello che fai a stabilire il tuo valore. Piuttosto è lo schianto, l'esplosione, il fumo, le grida, il panico, il silenzio. Il dubbio che la gente sia disposta a sollevare il cappello solo di fronte al legno di una bara, ad una croce e ad un fiume di rimpianti. Il dubbio che sia una linea di tritolo a tracciare il confine tra il paladino senza macchia ed il comune pupazzo.
Noi vogliamo scacciare questo dubbio. Perché per sconfiggere la mafia, per trovare altri eroi, noi non possiamo aspettare altre Capaci. Perché per sconfiggere la mafia noi dobbiamo rimanere vivi; non possiamo farci saltare in aria, uno dopo l'altro. Perché a noi servono più vecchi combattenti, divenuti anziani, e meno Eroi tristi trafitti alle spalle, su un autostrada grigia, in una mattina senza più speranza.

1 commento:

  1. Forse tutto ciò di cui abbiamo bisogno è qualcosa in cui credere. Quando smettiamo di credere anche in noi stessi non c'è più nulla che si possa fare, e tutto ci sembra impossibile da affrontare.
    Quando da una notte all'altra ho visto prima il murales e, il giorno dopo, una macchia rossa a coprirlo mi sono ritrovata a riflettere parecchio. Una volta ho letto che la mafia è un assassino che non spara. Poi ho capito che, in fondo, non spara perché non è necessario. La mafia non è più quell'organizzazione solitaria di cui si è sempre parlato. La mafia siamo noi, quando decidiamo di agire nell'ombra e nel silenzio. La mafia siamo noi, perché spariamo al suo posto. La mafia riesce a restare con le mani pulite, perché noi non abbiamo più paura di sporcarcele. Mi chiedo perché abbiamo smesso di sperare.

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